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I Medici di famiglia lavorano meno dei loro colleghi d’ospedale

Le esigenze della politica a volte vanno oltre i reali problemi della collettività, e spesso riescono a scontentare tutti. Con una battuta, Letizia Moratti, Vice Presidente regionale e assessora al Welfare lombardo, ha messo il dito su una piaga che sta diventando sempre più profonda: la mancanza dei medici di famiglia e il rapporto della categoria con il Welfare lombardo.

Secondo la Moratti, durante una visita all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha dichiarato che la categoria dei medici di famiglia «lavorano  per un numero di ore profondamento diverso rispetto alle ore di chi lavora all’interno delle strutture ospedaliere e sanitarie. Questo ovviamente è quello che crea la percezione di carenza».

Immediata la risposta della categoria che invita Letizia Moratti a trascorrere una giornata in uno studio di un medico di base lombardo. In un comunicato della FIMMG,  a firma del segretario generale della Lombardia Paola Pedrini, è espresso  «stupore e amarezza, in quanto credevamo che il lavoro svolto in condizioni drammatiche dai medici di famiglia lombardi, a partire da quel maledetto marzo 2020, fosse stato apprezzato».

Dietro l’esternazione dell’assessora lombarda c’è la difficoltà di gestire una situazione – il ricambio della categoria – che mostra tutti i limiti di un progetto che non c’è, ricordiamo che la sanità lombarda, tra le più efficienti e organizzate d’Europa, nonostante il graduale spostamento verso una sanità del privato, voluta da vent’anni di amministrazione di centro destra, continua ad esprimere dati di assoluta eccellenza. Ogni giorno sono decine di migliaia i pazienti da tutta Italia che arrivano per farsi curare nelle strutture pubbliche lombarde. Dietro tutto questo c’è forse lo scontro sulla visione di come dovrà essere il rapporto con i nuovi medici di famiglia, che oggi sono sempre meno – i periodici bandi delle ATS per trovare nuovi medici vanno deserti – e il rapporto che li lega alla sanità pubblica. Oggi i medici di base sono dei liberi professionisti convenzionati con il Sistema Sanitario Nazionale e, in regime di libera professione, si organizzano come meglio credono per assistere i loro pazienti. Secondo la Moratti, non poter intervenire nell’organizzazione del servizio, porterebbe alla “percezione di carenza” di medici di base.

Per la Moratti la mancanza di medici di base per 1,5 milioni italiani è solo una percezione, dunque.

Ma i numeri reali degli italiani sprovvisti del medico di famiglia potrebbero essere molto più grandi perché i dati ufficiali sulle carenze sono stati ufficializzati al momento solo da 8 Regioni.

In particolare: 456 in Veneto, 239 in Toscana, 205 in Emilia-Romagna, 98 nelle Marche, 91 in Abruzzo, 59 in Friuli-Venezia Giulia; 55 in Umbria; 10 in Valle D’Aosta.

«Considerando che la media nazionale è di 1.150 assistiti per ogni medico, solo in queste Regioni circa un milione e quattrocentomila cittadini non hanno un proprio medico di famiglia. E il numero è sottostimato perché mancano le altre Regioni a esempio anche nella mia, la Puglia, c’è un problema forte di carenza», avverte il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo)  Filippo Anelli.

Roberto Spampinato

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