di Francesco Ferrini – Università di Firenze
Per tutti noi il Natale significa dare e ricevere. In questa visione, talvolta stucchevole, non contempliamo certo gli alberi, i maggiori “benefattori” di tutti. Infatti, pur se sembra abbastanza ovvio che la gente ami gli alberi, la domanda è: ma siamo sicuri che sia proprio così?
Se si parla di questo a persone che frequentano congressi e conferenze relativi alla arboricoltura e selvicoltura urbana o alle persone comuni che si prendono cura dei loro giardini o vogliono godere dei benefici degli spazi verdi urbani, sembra che tutti amino gli alberi. Ma vi siete mai chiesti se ci sono persone che odiano gli alberi? Credetemi, ce ne sono molte di più di quelle che possiamo pensare. La gente “odia” gli alberi per motivi diversi, tutti facilmente confutabili, ma sta a noi convincere coloro che vorrebbero una città fatta solo di cemento o parchi coperti di asfalto, informandoli dei reali benefici, soprattutto quelli meno facilmente intuibili, degli alberi e delle soluzioni tecniche e pratiche ai problemi che gli alberi possono talvolta causare.Traggo spunto da questo per far conoscere meglio, in questa mia breve riflessione, i benefici dei cosiddetti “alberi di Natale reali o veri”. Per la maggior parte delle famiglie, non vi è alcun dubbio sul fatto che preferiscono avere un albero di Natale “vero” nella loro casa. Ma potrebbero chiedersi
Su questo il dibattito è stato anche acceso negli ultimi anni, con una contrapposizione fra coloro che sostengono che è meglio scegliere un albero sintetico e coloro che, all’opposto, privilegiano, senza alcun dubbio, l’albero vero.
La verità è che, quando acquistiamo piante vive di Natale, non solo contribuiamo a un ciclo di vita che migliora in modo significativo il nostro ambiente, ma anche sosteniamo una filiera produttiva in zone che hanno tendenza allo spopolamento e dove il reddito è solitamente inferiore a quello delle cosiddette aree industriali.
Gli alberi di Natale veri sono coltivati in aziende agricole, proprio come tutte le altre colture, e queste aziende impiegano centinaia, se non migliaia di persone. Per garantire un approvvigionamento costante, i vivaisti piantano da una a tre nuove piantine per ogni albero che raccolgono. Di conseguenza, tagliare un albero non riduce il numero totale di alberi e, quindi, i loro benefici riguardo alla qualità dell’aria. Infatti, se più alberi vengono raccolti e venduti, più l’industria ne pianterà per il mercato nei prossimi anni. Oltretutto, mentre gli alberi di Natale artificiali vengono in media utilizzato 6-9 anni prima di essere buttati via e finire spesso nelle discariche di rifiuti per secoli, quelli veri sequestrano CO2 e producono ossigeno, i vecchi alberi possono essere recuperati, riciclati o compostati e, conseguentemente, hanno una carbon footprint positiva (La carbon footprint è un indicatore ambientale che misura l’impatto delle attività umane sul clima globale; esprime quantitativamente gli effetti prodotti sul clima da parte dei cosiddetti gas serra generati da una persona, da un’organizzazione, da un evento o da un prodotto, sia esso un bene o un servizio).
Ancora, gli alberi più artificiali sono derivati del petrolio, prodotti principalmente nelle fabbriche cinesi e poi trasportati nei diversi paesi, con una carbon footprint enorme rispetto a quella di un albero prodotto a pochi chilometri da noi. Invece, gli alberi “veri” assorbono, come detto, anidride carbonica ed emettono ossigeno. Sono quindi un ingranaggio del motore naturale di filtrazione della natura. In uno studio approfondito, effettuato alcuni anni fa, una società di consulenza ambientale di Montreal dimostrò che un albero artificiale dovrebbe essere riutilizzato per più di 20 anni per essere più “verde” rispetto all’acquisto di un albero “vero” ogni anno.
I calcoli includevano le emissioni di gas serra, l’uso delle risorse e gli impatti sulla salute umana. Le emissioni annue di carbonio associate all’uso di un vero albero ogni anno risultarono essere pari a un terzo di quelle creati da un albero artificiale su un tipico ciclo di vita di sei anni. Inoltre, la maggior parte degli alberi finti contengono cloruro di polivinile, o PVC, che, come è noto, produce sostanze potenzialmente cancerogene durante la produzione e lo smaltimento. Non dobbiamo poi dimenticare che la produzione di alberi è spesso effettuata in zone che non potrebbero ospitare altre colture come, ad esempio, alcune zone montane dove anche aiuta a stabilizzare il terreno, a proteggere le risorse idriche e fornisce anche rifugio per la fauna selvatica. Tutto ciò la rende una strategia win-win per l’ambiente.
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