Ieri la Giornata del Ricordo è stata celebrata anche a Segrate dove, oltre alle autorità comunali, militari e civili si è radunata una piccola folla. A rappresentare tutto un popolo di esuli c’era Piero Tarticchio, aveva 7 anni quando suo padre e sei altri componenti della sua famiglia sparirono per mano dei partigiani di Tito, e lui fu costretto a lasciare il luogo dove era nato. Un piccolo fuori programma, un guasto all’impianto audio, ha trasformato tutta la cerimonia in un toccante momento celebrativo con l’intonazione dell’Inno di Mameli da parte di tutti i presenti.
Ogni anno, dal giorno della sua istituzione, nel 2004, questa giornata è oggetto di commenti e prese di posizione, avvenute anche in questi giorni, nel tentativo di mettere a posto le tessere di una storia la cui evidenza storica, per chi vuole vederla, è lì, a disposizione di tutti. Fu una pagina di atroci ritorsioni verso un popolo reo solo di essere appartenuto alla nazione che era stata fascista e che aveva perso la guerra. Gli esuli del fronte orientale furono gli unici a pagare davvero i danni per tutti.
Al di là delle polemiche e delle divisioni, alla Giornata del Ricordo va dato il merito, però, di aver fatto conoscere alla maggioranza degli italiani qualcosa che per anni si è raccontato sommariamente, a denti stretti, con imbarazzo, riconoscendo che quella fu una brutta pagina, e al dolore dell’esodo gli esuli dovettero pagare anche l’ostracismo di una parte degli italiani.
Oggi il ricordo celebrato in tanti luoghi in giro per l’Italia, come quello dei Giardini del Ricordo a Segrate, copre il brusio e i commenti di chi ancora tenta di mettere a posto, nella “loro” giusta prospettiva la Shoah e l’eccidio delle foibe, come se le tragedie si misurassero per il numero di morti. Emblematico il caso della circolare del Ministero dell’Istruzione, «La categoria umana che si voleva “piegare e culturalmente nullificare” era quella degli italiani. Poco tempo prima era accaduto alla “categoria” degli ebrei». Questa nota del sottosegretario Stefano Versari ha scatena, ancora una volta, prese di posizioni e commenti indignati, uno su tutti quello di Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera, la circolare «è un obbrobrio storiografico e didattico. Alimentare una sorta di parificazione tra la Shoah e le Foibe è sbagliato sotto ogni profilo e sottovaluta in maniera inaccettabile le differenze profonde tra il genocidio degli ebrei e la tragica vicenda degli infoibati».
Con un po’ di buon senso, si poteva cogliere l’intento nelle parole del sottosegretario non di accomunare le due tragedie, l’olocausto fu il tentativo di cancellare un popolo e la parola olocausto e Shoah attengono solo a quella orrenda pagina della storia dell’umanità, ma di ricordare come il nazifascismo aveva tentato l’annientamento culturale oltre che fisico. È triste pensare che ancora oggi ci siano morti più morti degli altri che meritano il ricordo e altri meno, a cui va un ricordo diverso, e in questi casi, forse, andrebbero ricordate le strofe di Totò: “ Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive
Nuje simmo serie, appartenimmo à morte!”
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