Ore 18, Auditorium del Centro Civico Verdi gremito all’inverosimile, c’è eccitazione nell’aria, il pubblico dei grandi eventi, degli annunci importanti. Sullo schermo una foto, uno scorcio scandinavo, architettura dalle linee moderne e pulite del nord Europa. Una serie di installazioni galleggianti e strutture destinate allo svago realizzate quasi tutte sull’acqua, e poi bar, ristoranti, una darsena per il rimessaggio, forse un angolo di qualche insenatura norvegese o danese.
No, mi dicono che è il rendering – una ricostruzione al computer – della vecchia cava di Segrate, ribattezzato progetto di rigenerazione urbana OASIS.
Per un momento, nonostante l’insistente vociare e il viavai di chi cerca posto in sala, ho chiuso gli occhi e ho sentito lo sciabordio infrangersi sulla darsena, il silenzio del parco rotto dalle grida dei bambini che giocano nell’acqua, ho visto eleganti signore sdraiate su raffinate chaise longue sorseggiare colorate bevande naturiste e papà scivolare sull’acqua a bordo di silenziosi motoscafi elettrici: un’oasi.
Ma certo, tutto è possibile per una città che manda a scuola i suoi ragazzi con il ciclobus, mi sono detto.
In fondo questo progetto è uno scherzo di fronte a quello di trasformare un terzo della città in un lussureggiante bosco del nuovo millennio. Poco più di un buon esercizio accademico per giovani architetti che si esercitano a inventare la Segrate del futuro.
Improvvisamente vengo riportato in sala, un annuncio in bilico tra villaggio vacanza e centro estivo parrocchiale, la presentazione parte scoppiettante di buon umore e una mirabolante promessa, un’oasi per i segratesi. E l’introduzione fa più o meno “La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio” e soprattutto, quanto aiuterà questo progetto a far sognare i segratesi?
Prima di scoprire nel dettaglio cosa ci riserva il nuovo progetto della giunta del sindaco Paolo Micheli, è necessario allargare il campo, facendo anche un salto indietro, per avere tutti gli strumenti e le informazioni per poter poi meglio comprendere la bontà del progetto.
Le slide raccontano di un progetto moderno, per certi aspetti avveniristico. Trasformare quello che fino a pochi anni fa era un sito industriale di estrazione, degradato e malsano in un angolo di paradiso terrestre, in un’oasi appunto. Il compito non è facile, l’azione dell’uomo e la storia urbanistica recente di Segrate – ultimo secolo – ha trasformato quello che era un piccolo centro agricolo in un comune in rapida trasformazione, di prima fascia dell’area della città metropolitana. La precipitosa crescita edilizia, a partire dagli anni “60, ha frammentato il paesaggio, già privo di elementi unitari, senza un progetto urbanistico pensato, ordinato, in un agglomerato sprovvisto di un centro storico, senza “quella struttura insediativa urbana che costituisce unità culturale o la parte più originaria più autentica di insediamenti e testimonia i caratteri di una viva cultura urbana”, come dal 1964 la Commissione d’indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e del paesaggio aveva inteso identificare il nucleo centrale degli agglomerati urbani. A Segrate non c’era traccia di un centro storico.
E poi sono arrivati gli anni “70, con una crescita delle costruzioni tumultuosa che ha accentuato il frazionamento del territorio in nuclei autonomi, che ancor oggi conservano una distinta morfologia come Milano Due, Villaggio Ambrosiano e Milano San Felice. A questo va poi aggiunto la profonda dicotomia, al di là della Cassanese e al di qua dello scalo ferroviario, che complica ancora di più la ricerca di un centro difficile da individuare.
La rappresentazione plastica di questa urbanizzazione disordinata sta tutta in un piccolo dettaglio, che molti segratesi sfiorano tutti i giorni ma che pochi forse notano, la chiesetta del santo Crocifisso del XV secolo San Giovanni Battista, presso la cascina Ovi.
Il piccolo edificio è letteralmente ingabbiato, oggi dall’Esselunga, prima da capannoni industriali e da uno scampolo di verde, e rimane l’unica testimonianza, insieme alla suddetta cascina, di una realtà storica cancellata dall’arrivo di Milano Due.
Ma tutto questo non ha reso meno appetibile il territorio segratese. La sua posizione strategica, a una manciata di chilometri dal frenetico cuore del capoluogo, importanti porzioni di verde, la vicinanza di Linate e della tangenziale est, hanno esposto l’ex centro agricolo, divenuto intanto una delle prime dieci città più ricche d’Italia – per reddito pro-capite – a una forsennata azione di consumo del suolo. Nel 2006, primo dato disponibile, secondo ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – il 50,5% del suo territorio risultava già cementificato e, nonostante l’accresciuta sensibilità ambientale del Paese, a Segrate si è continuato a costruire, (ultimo dato è del 2021) portando a oggi al 54,7% la porzione di territorio irrimediabilmente compromesso. Peggio di Segrate fa l’hinterland napoletano e Sesto San Giovanni, Corsico e Cusano Milanino per stare nella stessa provincia.
Un altro dato che dà la misura di come la città sia lievitata velocemente è quello demografico: 8.600 residenti censiti nel 1961; 30.400 nel 1981; 34.000 nel 2011; per arrivare a 36.591 di oggi.
I gruppi politici al governo della città hanno interpretato il bisogno di un riassetto urbanistico e della crescente richiesta abitativa secondo esigenze ora dettate da interessi speculativi, ora ammodernatrici financo conservativi ma sempre in ritardo sui tempi. Alle recenti giunte comunali, che si sono alternate in questi ultimi vent’anni, va certamente riconosciuto il merito – con molte riserve – per aver contribuito alla creazione del polmone verde più grande della città, Centroparco. La grande area verde che oggi costituisce il parco nasce da proprietà di privati che hanno ottenuto licenze edilizie in cambio di parte dei terreni da destinare a verde pubblico. Man mano negli anni il parco ha assunto dimensioni ragguardevoli, ma dietro a questa importante crescita si nascondono qualcosa come cento mila metri cubi di nuove costruzioni che devono arrivare e che sono già in costruzione, come il nuovo insediamento East Village nell’ex area Villa. Quello che sarà Segrate, quando tutte queste volumetrie saranno atterrate sul suolo cittadino, nessuno può saperlo.
I gruppi politici che hanno governato in questi anni hanno tentato di scaricarsi la responsabilità vicendevolmente senza di fatto arrestare il consumo di suolo o limitarne gli effetti. Un dato preoccupante che conferma come il fenomeno continui, indipendentemente dal colore politico delle amministrazioni, e non mostra alcuna flessione o inversione di tendenza.
A dare conto dei metri cubi e delle licenze edilizie con i relativi oneri già pagati fu l’allora assessore della prima giunta Micheli, Roberto De Lotto che, a fine 2019, durante la presentazione del progetto vincitore del Concorso Internazionale “Restarting community spaces – Urban Regeneration of Segrate city center” aveva parlato di ineluttabilità delle nuove costruzioni.
Segrate in questo ultimo decennio ha dovuto fare i conti con un pesante buco di bilancio che ne ha decretato lo stato di predissesto, un passo dal baratro del commissariamento, dal fallimento. Una condizione che ne ha limitato fortemente ogni attività.
Tagli a servizi e spesa sociale, nessuna nuova assunzione, servizi di polizia locale ridotti all’osso, nessuna nuova opera finanziata direttamente dai capitoli di spesa comunali.
Un bilancio blindato e un piano di rientro milionario per i successivi dieci anni hanno costretto la prima giunta Micheli a forme creative di finanziamento per nuove opere, come appunto il concorso appena menzionato, ma in quel caso i costi-benefici per la collettività erano davvero sproporzionati: il progetto per la riprogettazione del centro cittadino e per la realizzazione di una nuova scuola primaria, prevedeva la sistemazione dell’area accanto alla piscina in cui avrebbero dovuto confluire cubature già esistenti e in attesa di essere atterrate e non prevedeva alcun esborso per i cittadini per la ricostruzione della scuola e per i servizi previsti dal progetto, sarebbero stati a carico dei privati che in cambio avrebbero ricevuto una cubatura tra gli 8/10 mila metri cubi, corrispondenti a una serie di palazzi di sei piani sul grande prato della piscina, progetto velocemente accantonato, sparito dai radar della giunta.
Licenze edilizie in cambio di aree verdi poteva essere un buon metodo qualche decennio fa – cercando di essere ottimisti – ma in questi ultimi anni la politica del Do ut des tra pubblico e privato ha visto una serie di insuccessi e di onerosissime opere che potrebbero cambiare la storia di Segrate per molti decenni, vedi Westfield.
Dopo annunci di imminenti comunicazioni e rimandi, del progetto non c’è più traccia né nei discorsi dell’amministrazione, che a margine della presentazione del progetto Oasis avrebbe dovuto menzionare per una sorta di fil rouge urbanistico e progettuale della Segrate che sarà, né della multinazionale che ha completamente cancellato dalla “pipeline” dei progetti in essere. Westfiled e l’area dell’ex cava sono lì, gomito a gomito: si può immaginare cosa succederà a una parte senza sapere cosa succederà all’altra? Scarse le informazioni sulle intenzioni della multinazionale mentre sono certe le clausole capestro di concessione che l’allora centro-destra firmò, una su tutte la restituzione degli oneri versarti in caso di rinuncia. La consigliera Laura Aldini, allora in giunta con il sindaco Alessandrini, durante un’intervista prima delle scorse elezioni comunali, sottolineò che quelle erano norme di legge, che non si poteva fare diversamente, quindi i milioni della multinazionale già versati e spesi potrebbero rappresentare davvero una mina vagante, anche se immaginiamo che, vista l’importanza e il valore dell’area nessuno ha interesse a intavolare una disputa legale, piuttosto si cambia progetto, si prevede un nuovo indirizzo urbanistico, con una importante fetta di edifici residenziali ed ecco risolto il problema. Ovviamente questa è una supposizione che ci piacerebbe venisse smentita da chi ne sa di più.
Oasis: un miraggio.
Il progetto Oasis è stato definito “un grande regalo alla bellezza per Segrate” ma chi farà questo regalo alla città? Il costo previsto è di circa 6/7 milioni di euro, “Il progetto non sarà finanziato con fondi del comune, avrà una partnership con il privato” è la risposta del vicesindaco Francesco Di Chio, che è stato l’unico esponente della giunta a illustrare tutta l’operazione.
Il progetto di riqualificazione dell’ex cava ha sicuramente degli aspetti innovativi, moderni, forse anche sostenibili ma sembra prematuro, ambizioso, di nicchia che, anche se in maniera meno impattatane, continuerà quell’opera di antropizzazione del territorio della città.
Davvero abbiamo bisogno di cementificare la passeggiata attorno all’acqua? Davvero abbiamo bisogno di realizzare un bel vedere in cemento armato?
Davvero abbiamo bisogno di realizzare un bar ristorante nel verde del parco?
Ma soprattutto possiamo permetterceli?
Non c’è la possibilità di recuperare l’area mantenendola il più possibile naturale, senza altri insediamenti umani, con semplici sentieri sterrati e piazzole di terra battuta, come si fa nelle aree verdi protette?
Ci sono poi delle considerazioni transitorie, magari le condizioni finanziarie comunali nei prossimi anni potrebbero migliorare, ma c’è da mettere in conto chi garantirà la sicurezza pubblica, inutile dirlo, nessuno, non abbiamo vigili a sufficienza; chi, pagherà il mantenimento delle infrastrutture non direttamente collegate alla realizzazione a carico dei privati? La collettività, ovviamente.
C’è un dato che manca sempre quando si parla di nuove opere “Green” o dette anche sostenibili, nessuno parla di costi, come se green è uguale a gratis.
Quanto sono davvero sostenibili, e in quali termini? Nessuno ha mai detto quanto costa un singolo metro quadrato di verde in più, in termini di creazione e mantenimento, e per un comune che ogni anno deve fare i conti con un bilancio sempre più povero, non è un dettaglio di poco conto. Forse l’assessore Stanca dovrebbe far presente che per ogni singola pianticella interrata il comune dovrebbe mettere a bilancio i soldi per il suo mantenimento, altrimenti è un’operazione estemporanea, solo buona politica del dire, poco del fare.
La presentazione ha avuto qualche istante di contestazione, qualche domanda rimasta appesa, per qualcuno il sospetto di un regalo ai privati.
Il sindaco non ha aperto bocca, forse temeva una sovraesposizione mediatica e allora concludo la descrizione della serata con le parole che il sindaco Micheli pronuncio nell’altra presentazione, quella del 2019: “una città viva che vogliamo sviluppare in maniera sostenibile – senza ulteriore consumo, con l’obiettivo di migliorare la qualità delle nostre vite e di creare nuove opportunità per i nostri negozianti e le nostre imprese.
Una raccomandazione.
Se davvero il sindaco ha a cuore lo sviluppo sostenibile e nessun nuovo consumo di suolo, forse deve cambiare consulente urbanistico, dopo quattro anni è cambiato il progetto ma non le modalità di realizzazione, per quanto sia bella Napoli non invidio il loro primato.
PS: Per chi vuole può esprime il suo parere direttamente sul sito o se volete anche qui, raccoglieremo le vostre impressioni.
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Come sempre ottimo articolo, ero presente anch'io alla presentazione di questo ennesimo "richiamo per allodole" c'era il pifferaio magico, c'erano diversi architetti che non credo abbiano lavorato gratis , c'era il Sindaco ed il vice sindaco. Ora o pensano che siamo tutti scemi oppure il rispolverare un vecchio progetto di amministrazioni precedenti è stata un'operazione per cercare di avere dalla loro parte anche l'appoggio di un'opposizoone che non si sa più dove sia finita per poter perpretare l'ennesima svendita di territorio segratese. Le casse di Segrate piangono miseria come fare per cercare di tirare avanti? Oneri di urbanizzazione e che altro? 30 anni fa da Milano son venuta a vivere a Segrate per avere un pò di verde rinunciando ai servizi che Milano offre, allora mi ricordo che sentivo già parlare della città dei parchi, di collegare i vari quartieri tramite
collegamenti vari. il risultato è che i servizi continuo a non averli ed il verde rispetto a 30 anni fa, è diminuito notevolmente! Il caro verde intorno alla cava, da una parte è già ridotto ad una striscia ed il resto lo stanno mangiando con la costruzione di palazzi, alcuni interventi già completati o in fase di costruzione altri arriveranno come si evince dalla cartina. Cosa resta? L'acqua ovviamente costruiamo su quella è che diamine perché no? Attenzione alla fauna, al verde ma di cosa stiamo parlando? Il verde ce lo mangiamo, la fauna andrà da qualche altra parte! Tanto per dire quanto i nostri amministratori siano improvvisati alla domanda ma avete pensato ai parcheggi? Un "oasi" di questo tipo potrebbe attirare gente risposta: vogliamo che la gente arrivi in bicicletta o a piedi e se viene in macchina c'è il parcheggio dell'MD oppure quelli pubblici che son già spesso pieni e i residenti delle abitazioni del centro parco già nervosi ....Infine e chiudo, non si è spesa una parola riguardo al parco dei mulini mentre il cartello prevedeva la presentazione anche di questo ma siccome sanno che i residenti dei quartieri interessati avrebbero qualcosa da dire al riguardo, hanno evitato spudoratamente di entrare nell'argomento...anche qui hanno preso pure soldi dal pnrr ma per fare cosa? Accontentare solo il Sindaco?
Ottimo articolo che espone in modo ampio le problematiche legate al progetto. È vero che sognare aiuta spesso a vivere meglio ma non bisognerebbe farlo a spese dei nostri figli .