Continua il braccio di ferro tra la Onlus, che denunciava il tentativo del Comune di “sfrattare mamme e bambini” ospitati nella struttura di via Pertini, confiscata alla criminalità e affidata al Comune per l’impiego per usi sociali, con un preciso vincolo e il Comune, che richiede di rientrare in possesso dell’immobile per la scadenza del contratto.
Abbiamo sentito – finalmente – dalla viva voce dell’Assessore Guido Belletorre le ragioni che hanno portato alla traumatica fine della collaborazione tra l’amministrazione comunale e la Onlus Rosa di Gerico. In queste ore un botta e risposta, attraverso comunicati e dichiarazioni, hanno sollevato il velo su una faccenda dai contorni poco comprensibili, stando ai comunicati stampa.
Segrate.info: Assessore, la prima cosa che salta all’occhio da questa vicenda è la poca o quasi assenza di comunicazione da parte dei suoi uffici con la Onlus. Diverse richieste di incontro sono state inoltrate a lei dalla Onlus e anche all’ufficio del sindaco e, stando alla documentazione che abbiamo visto, non c’è stata nessuna disponibilità a incontrarli.
Guido Bellatorre: «il primo incontro io l’ho avuto con la Onlus Rosa di Gerico a fine giugno del 2022, un incontro che si è svolto alla presenza dell’allora dirigente alle politiche sociali Lorenzo Giona e la funzionaria della GEA. (L’incontro, ndr) era stato pianificato per appianare alcune difficoltà che si erano creati nei rapporti tra la Rosa di Gerico e la cittadinanza residente nei pressi dell’immobile di via Pertini e l’amministrazione comunale attraverso la sua controllata Segrate Servizi. Noi avevamo ricevuto delle lamentele da parte di alcune famiglie che risiedevano proprio a ridosso della villa di via Pertini, lamentavano, oltre a rumori molesti, soprattutto alcune intemperanze degli educatori» …
L’assessore continua dicendo che quella riunione si concluse abbastanza rapidamente perché il dottor Falanga, psicologo, presidente de la Rosa di Gerico e responsabile psicopedagogico si era presentato alla riunione con cinque educatori e aveva giustificato il comportamento degli educatori per «lo stress del momento e ha prevenuto ogni nostra richiesta dicendo che sapeva bene il motivo dell’incontro che concluse pronunciando testuali parole “guardatevi bene dal non rinnovarci la concessione dei locali perché in caso contrario subirete delle forti ritorsioni dal punto di vista politico”».
Certo, una frase infelice, se realmente pronunciata, in una vicenda dove le stonature non sono mancate, una su tutte? Quella del comunicato del Comune all’indomani del lancio della petizione online, in cui l’Amministrazione aveva sottolineato che l’opera della Onlus non portava nessun beneficio ai segratesi.
Per l’assessore l’Onlus era stata avvertita con largo anticipo sulle intenzioni dell’amministrazione che non avrebbe rinnovato la concessione alla naturale scadenza del contratto ma che «Rosa di Gerico si era rivolta a un legale che ha più volte intrattenuto un carteggio con l’avvocatura del Comune dove effettivamente da parte loro c’è stata anche l’offerta di servizi ulteriore e diversi rispetto a quelli su cui fino ad oggi ci eravamo confrontati…»
Un tentativo di Rosa di Gerico che cercava di riaccreditarsi verso l’Ente che non ha sortito l’effetto desiderato perché, per l’assessore «un po’ le modalità aggressive del dottor Falanga, un po’ le caratteristiche dell’immobile che si prestavano ad altre progettualità, che nel frattempo avevamo maturato, i rapporti sono sempre stati cordiali ma fermi, noi richiediamo di rispettare quello che il contratto dice».
L’ assessore, che nella vita è un legale, sottolinea che il contratto non prevedeva nessun rinnovo automatico e pertanto la Onlus doveva mettere in conto la possibilità di un NON rinnovo.
Per il responsabile delle politiche sociali del Comune di Segrate, nonostante la pressione esercitata dalla Onlus con la raccolta firme e i comunicati stampa «è inconcepibile una marcia indietro rispetto a una decisione che è stata presa in modo ponderato… e poi noi abbiamo una responsabilità specifica sull’utilizzo che ne facciamo».
Segrate.info: ecco assessore, parliamo, appunto, dell’utilizzo della villa conferita al patrimonio indisponibile della città di Segrate dal Demanio nel 2007 a seguito di un sequestro a un’organizzazione mafiosa. L’atto di conferimento e la successiva presa incarico del Comune riportano un virgolettato molto preciso, che non dovrebbe lasciare spazio a interpretazioni sulle modalità di impiego dell’immobile e neanche sul tipo di utenza che dovrebbe usufruire del bene confiscato. Si parla espressamente di mamme con bambini. Quindi, quale potrebbe essere altra progettualità, di cui parla lei, oltre quella che la Onlus ha praticato finora?
G.B: «su questo mi permetto di fare una piccola puntualizzazione. Il vincolo forte è sulla destinazione sociale e questo certamente non può essere messo in discussione. Sulla forma e anche la natura dell’immobile suggerisce che il tipo di progettualità sociale abbia carattere residenziale. Però, sul fatto che l’unica modalità di impiego sia quello della mamma con bambino… mi sento di dissentire…»
Il provvedimento dell’Agenzia del Demanio del 13 Febbraio 2007 dispone che: “La villa ed il box auto siti nel Comune di Segrate, via Sandro Pertini 30, meglio descritti in premessa, sono trasferiti a finalità istituzionali, ed in particolar modo per essere adibiti a struttura residenziale e semi-residenziale per soggetti con fragilità sociali, comprensiva di eventuale servizio di pronto intervento per le situazioni di emergenza personali e familiari, in particolare per genitori soli con figli minori da estendersi all’intero ambito territoriale ai sensi…”
Il mandato di assegnazione sembra abbastanza chiaro, forse l’assessore Bellatorre, da avvocato, riesce a intravvedere margini di manovra all’interno del mandato del Demanio. Sull’obiezione che il vincolo sembri abbastanza chiaro, l’assessore spiega la “diversa progettualità” a cui la Giunta Micheli ha pensato.
G.B: «il vincolo sostanziale che abbiamo sull’immobile per la sua natura di bene confiscato alla criminalità è quello di una destinazione sociale. Questo chiaramente non verrà meno, tant’è che noi l’abbiamo candidato per un progetto legato al PNRR, che si chiama Housing first che ha la missione l’accoglienza di soggetti in situazione di fragilità residenziale a carattere temporaneo, emergenza abitativa. Quindi una casistica molto prossima a quella che lei indicava, una residenzialità per l’accoglienza di famiglie sfrattate».
Il progetto a cui fa riferimento l’assessore – ne abbiamo parlato qui – prevede “l’ACCORDO DI COLLABORAZIONE TRA IL COMUNE DI PIOLTELLO CAPOFILA DEL DISTRETTO SOCIALE EST MILANO E IL COMUNE DI SEGRATE PER LA REALIZZAZIONE DELLA PROPOSTA PROGETTUALE FINANZIATA CON IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA.
La linea di Investimento 1.3.1 – Linea di sub-investimento 1.3.1 – Povertà estrema – Housing first – sono i punti del documento che illustra il finanziato per l’importo di € 710.000 e comprende € 500.000 dedicati alla ristrutturazione e all’acquisto degli arredi dell’immobile di via Gramsci 13 in Segrate ed € 210.000 dedicati all’erogazione del servizio di assistenza.
Il Comune di Pioltello, quale ente Capofila del Distretto Sociale Est Milano, ha provveduto alla presentazione del progetto complessivo e, a tale fine, lo stesso ha dichiarato il possesso dei requisiti relativamente alla parte infrastrutturale, anche per conto del Comune di Segrate.
Ecco la vera ragione del mancato rinnovo all’Onlus: 500 mila euro per la ristrutturazione dell’altro bene confiscato alla criminalità, quello di via Gramsci, con i soldi del PNRR.
L’assessore aggiunge: «noi, a fronte dell’occupazione che si protrae su quell’immobile abbiamo dovuto sacrificare un diverso appartamento destinato all’edilizia residenziale pubblica per accogliere questo tipo di progetto…»
e conclude dicendo: «quindi, ad oggi noi stiamo sottraendo un appartamento che potrebbe ospitare una famiglia segratese in difficoltà…».
Segrate.info: ma avvocato, non le sembra un po’ sprecato l’utilizzo di una villa, che oggi accoglie fino a quattro mamme con un bambino, per un massimo di otto persone, destinarla a una singola famiglia?
G.B: “no, non è evidentemente per una famiglia, è un progetto che può accogliere una pluralità di famiglie, perché tra l’altro la conformazione lo permette…”
Segrate.info: scusi assessore, lei non sta facendo riferimento a quella casistica prevista dal Housing first – destinata a persone senza fissa dimora a cui si tenta di dare un ricovero temporaneo, qualche notte, senza passare per i dormitori pubblici – ma a famiglie e nuclei familiari?”
G.B: «no, sono situazioni dove si fa da ponte tra lo sfratto e la collocazione in un’immobile… cioè, nella sostanza si va a evitare che l’Ente spenda soldi per collocare queste persone in casa albergo dove noi spendiamo all’incirca 120 euro a notte, quindi, capisce che c’è anche un tema di oculato uso delle risorse pubbliche onde evitare di essere soggetti a «j’accuse» da parte della Corte dei conti».
Confessiamo che nel racconto dell’Assessore ci sono diversi passaggi che non comprendiamo come per esempio: la villa di via Pertini è destinata al progetto di “Housing first” o per “famiglie sfrattate”, momentaneamente senza alloggio?
Perché questi due aspetti dell’emergenza abitativa prevedono modi e tempi di assistenza completamente diversi. Con l’Housing first si tenta di contrastare la grave marginalità adulta, ovvero il tentativo di risolvere la condizione di senza fissa dimora, di persone con disagio multifattoriale. In pratica, le persone con anni di vita in strada – homeless – o che hanno perso l’abitazione e ricevono dai servizi sociali territoriali l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo “senza passare dal dormitorio”, godendo dell’accompagnamento di una equipe di operatori sociali direttamente in casa.
Per una famiglia che deve affrontare uno sfratto, invece, le esigenze e i tempi non sono quelli della singola persona, che ha bisogno di una o due notti come previsto dall’Housing first ma un tempo più prolungato perché si risolva l’emerga di uno sfratto, ovvero, trovare un alloggio idoneo a ospitare tutto il nucleo familiare.
Per l’assessore un contratto è un contratto. Quale sia l’oggetto, la materia che lo stesso disciplini sembrano passare in secondo piano ma ci sono altri passaggi che non convincono nella versione dell’Amministrazione segratese.
Nella operosa provincia milanese dove i “dané” sono il cuore e il sale dello spirito della grande Milano e la generosità meneghina è sempre stata attenta ai valori della solidarietà, il racconto dell’assessore stride con il cuore generoso della grande Milano a cui preferire l’operazione immobiliare all’assistenza di mamme in situazioni precarie. L’assessore sta attento alle 120 euro a notte che l’amministrazione deve pagare ogni volta che deve prestare assistenza abitativa ma poi lascia gestire a Pioltello 210 milioni per il servizio di assistenza legato al progetto del PNRR.
C’è da chiedersi come ottempereranno al mandato del Demanio che parla “servizio di pronto intervento per le situazioni di emergenza personali e familiari”.
Come è noto, Segrate vive da circa un decennio in regime di finanza controllata, il piano di rientro ha imposto scelte drastiche, tagli sui servizi e nel comparto sociale, dove anche la Polizia locale smette di funzionare alle 19 per mancanza di soldi.
C’è poi il tema dell’emergenza abitativa che non può essere confuso con l’altra emergenza, quella dei minori soli, della mamme con bambini, soggetti fragili da proteggere a cui sembra l’amministrazione non prestare la stessa attenzione, parlando solo di famiglie.
Il racconto di un’amministrazione che fa proprio della solidarietà, della vivibilità a misura d’uomo, del grande impegno per le generazioni future, il quadro descritto dall’assessore Bellatorre non sembra molto in sintonia con tutto ciò. E poi se hanno “sacrificato” un altro immobile per la presentazione del bando del PNRR, che bisogno c’è di continuare questa battaglia?
Sembra una nuova tendenza usare questi immobili per operazioni di visibilità politica, dove cambia colore politico ma non l’atteggiamento verso queste strutture che ricordiamo rivestono una funzione speciale: oltre a essere stati sottratti alla criminalità, rappresentano il segno della legalità, della presenza delle istituzioni e della forza della società civile.
Rozzano, comune di 45mila abitanti nel milanese, potrebbe presto perdere un luogo divenuto simbolo della lotta alla mafia, dell’aggregazione giovanile e dell’inclusività in Lombardia. Si tratta di una bellissima villa che, dopo essere stata confiscata a un trafficante di droga nel 2008 e lasciata all’abbandono dall’Amministrazione, grazie all’impegno gratuito del Comitato Molise 5 è stata trasformata in un Bene Comune. La nuova giunta comunale ha deciso di non rinnovare il patto con il Comitato, stabilendo la sua demolizione.
«Al suo posto verrà costruito un edificio con uffici che si occuperanno di contrasto alla povertà, in un quartiere di ville con piscina! Uno schiaffo a quanti sono realmente in condizioni di povertà, ma soprattutto la volontà di far sparire un luogo che è stato simbolo per la lotta alla mafia in questo territorio», spiega Pino Cassata, coordinatore del Movimento delle Agende Rosse a Rozzano e membro del Direttivo del Comitato Molise 5. Al suo fianco si è schierato anche Salvatore Borsellino, fratello di Paolo e fondatore delle Agende Rosse, che ha parlato del bene a rischio come di un «simbolo della battaglia contro la criminalità organizzata e contro quelle istituzioni che, per incapacità o connivenza, favoriscono il diffondersi di questo cancro».
A Rozzano come a Segrate c’è la necessità di riscoprire il fine ultimo che il legislatore ha inteso indicare con una legge che rimetteva in prima fila la parte più debole della società quali beneficiari degli immobili confiscati, e proprio uno dei due firmatari, Pio La Torre è stato ammazzato dalla mafia proprio per aver scritto uno degli strumenti più efficaci contro la criminalizzata organizzata.
Il testo normativo traeva origine da una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 31 marzo 1980, che aveva come primo firmatario Pio La Torre, alla quale si aggiunsero le proposte di Virginio Rognoni e alla cui formulazione tecnica collaborarono anche i magistrati italiani, all’epoca in servizio presso la procura della Repubblica di Palermo, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
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