Prima la proposta del sindaco Micheli di intitolare una via o una piazza al Cavaliere, mentre i necrofori non avevano ancora iniziato a comporre la salma, quasi a non voler perdere il primato, giorni dopo, la Segrate politica in Consiglio comunale lo ricorda con un minuto di silenzio e dopo una dotta introduzione del Presidente Poldi, il Silvio Berlusconi editore è beatificato per aver saputo raccogliere in una collana editoriale alcuni tra i più brillanti testi di filosofia e ragionamento del pensiero occidentale, quindi possiamo immaginarlo beato, in attesa della santificazione, tra i veri Santi della cultura stampata italiana, Hoepli, Zanichelli, Einaudi e Arnoldo Mondadori che certamente, grazie a qualche merito editoriale in più, immaginiamo seduti alla destra del Padre.
Il processo di canonizzazione andato in scena in Consiglio comunale parte da una lunga lettura di brani del Machiavelli che, stando al Presidente Poldi, stavano a cuore al Cavaliere e non è difficile immaginarne il motivo.
Se il povero e mal compreso scrittore, filosofo, storico fiorentino, vissuto tra il 1469 e il 1527 e considerato, come Leonardo da Vinci, un uomo universale, viene spesso ricordato per una frase celebre, che non avrebbe mai pronunciato, “il fine giustifica i mezzi”, nessuno contestualizza pensiero ed epoca in cui le parole del Principe avevano una ragion d’essere oltre che di stato.
La conquista e la conservazione del potere politico giustificherebbe l’uso, ogniqualvolta sia necessario, della crudeltà e della dissimulazione, della forza e dell’astuzia e anche per il Cavaliere il filosofo fiorentino ben incarna il pensiero che giustifica ogni mezzo e ogni scorciatoia per la ragion di stato, che nel caso del Cavaliere è la sua personale ragion di stato, e se nel caso dell’uomo del “cinquecento”, vissuto in epoca di guerre, congiure e tradimenti, le leggi della politica non hanno nulla a che vedere con i precetti morali, civili e tantomeno religiosi, oggi è ben difficile pensare che possa essere ancora così.
Cinquecento anni dopo le cose potrebbero aver assunto una nuova veste, altre e più impellenti necessità potrebbero far riscrivere al dotto Machiavelli parte della sua dottrina politica, che certamente includerebbe un capitolo sulla questione morale della politica e dei mezzi per perseguire vantaggi personali e/o di parte.
Certo, Segrate ha tanto in comune con il Cavaliere; qui c’è Milano Due, le sue televisioni sono nate qui, molti segratesi sono dipendenti delle aziende del biscione, lo stesso sindaco e qualche consigliere comunale sono ancora dipendenti, anche il sottoscritto ha lavorato per i giornali e le televisioni del Cavaliere ma ciò non toglie la necessità di un approccio laico, non militante e soprattutto non partigiano di un Consiglio comunale che in maggioranza non ha votato la parte politica che il Cavaliere rappresentava e i valori e le idee cha rappresenta la figura del “santo imprenditore” che circola dalla sua scomparsa.
Come tutti i fenomeni culturali, sociali e politici che hanno contraddistinto decenni di vita di una comunità, non è possibile fare un bilancio a poche ore dalla morte di chi questi fenomeni ha incarnato e rappresentato. Qualcuno ha scritto che la differenza tra uno statista e un politico passa per la capacità di saper operare cambiamenti che vanno ben oltre il mandato politico. Il berlusconismo non ha operato nessun cambiamento ma ha avuto il “merito” di aver saputo esaltare e amplificare vizi e virtù di una Paese che esalata la furbizia, crede che il falso in bilancio sia una necessaria difesa del patrimonio personale, la corruzione di giudici e parlamentari siano mezzi che giustificano il fine, che pretende di moralizzare la vita di coppie omosessuali seguendo l’esempio del bunga bunga o dei tre o quattro matrimoni di tanti parlamentari.
Morto un re se ne fa un altro in questo caso non sarà possibile perché pochi politici e imprenditori hanno le caratteristiche affabulatorie e di visione strategica che il Cavaliere ha saputo esprimere.
Ci vorranno anni, forse decenni, per liberarci da questa melassa che il Popolo della Libertà ha inculcato nella testa degli italiani. Liberarci del “infondo ha fatto cose buone” forse non basteranno decenni, ce lo sentiamo ripetere ancora oggi per l’altro “grande” italiano che molti, tra le fila del partito del Cavaliere, guardano ancora oggi come un modello.
Scomodare Erasmo da Rotterdam o Tommaso Moro per santificare Berlusconi sembra un’operazione mal riuscita, di chi sa che ha pochi appigli da dove istruire il processo di canonizzazione, un’operazione di basso cabotaggio ma soprattutto un’operazione che offende la maggioranza dei segratesi che ha mandato questa giunta al governo della città.